Racconti > Roberto

 

L'ultima volta è di una struggente bellezza...

devo dire che l’Addio me l'aspettavo... l'avevo visto molto ma molto stanco...

I miei genitori abitano esattamente di fronte al negozio di musica dove si serve lui... quasi una bottega d'altri tempi... li a pochi km da quell'isola finalmente trovata e che si chiama Pavana...

Ho 42 anni.

Ho festeggiato da poco i 35 trascorsi con le parole di Francesco.

Da allora non passa giorno senza che io senta o canti una sua canzone.

Come quella volta, sulla Croda Rossa, ad aspettare l'alba.

Ho iniziato con...

"La strada dalla Pennsylvania Station sembrava attraversasse il continente

come se non tornasse più all' indietro, ma andasse sempre avanti ad occidente

fra tombe in ferro-vetro, pianura, pali e gente.... "

 

Non mi ero accorto che, poco distante da me, c'era una coppia che attendeva in silenzio...

Hanno iniziato a seguirmi... improvvisamente...

" E indietro invece e in fretta ci tornai, ma in certi miei momenti forse oziosi

mi chiedo dove sei e che cosa fai e come passi i tuoi giorni noiosi,

io che non ti risposi in questa casa mia che sai e non sai..."

 

Siamo andati avanti senza bisogno di dirci niente... insieme... fino alla fine...

" Son cose spero che perdonerai com' io ti ho perdonato ormai a quest' ora,

come se fossi solo un piantaguai, il "but I love him" che gli urlasti allora,

così ti canto ancora in questa casa mia che sai e non sai...".

 

L'alba si era fermata un attimo per permetterci di completare la poesia.

 

Questo piccolo preambolo per spiegare che, visto il mio rapporto così “totale” con la musica e le parole di Francesco, quando Luca mi ha contattato per questa “follia”, non ho esitato un attimo nel dirgli di si.

Ma quando abbiamo iniziato a pensare a questi giorni non ci saremmo mai immaginati un viaggio così meravigliosamente completo.

 

Da via Paolo Fabbri 43- Bologna-, al Mulino di Chicon- Pavana: mi tremavano le gambe soltanto a dirlo...

 

Dopo 4 giorni di cammino, 90,170 km e 3733 metri di dislivello totale, posso dire: ce l'abbiamo fatta !!!!

E sono orgogliosissimo di me stesso e di tutte le incredibili persone che hanno condiviso con me ogni momento di questa indimenticabile avventura.

 

I sorrisi, le cene, le colazioni, le notti, il bosco, la nebbia, i panini, l'acqua, il dolore ai piedi, le vesciche, i muscoli che urlano, le canzoni sussurrate, le tende, la pioggia, le foglie appena cadute, il rumore dei rami che si spezzano, le scivolate, il conoscersi piano piano, l'aspettarsi in salita, Monte Sole, il silenzio, le birre, i bastoni di Fausto, le impronte "che ungolano", l'ambulanza, l'elicottero, la signora del 1918 che ci ha aperto la chiesetta, l'abbaiare dei cani, le risate a pieni polmoni, la porta verde, il Limentra, Silvano e Maria Rosa, Francesco... noi...

 

So di dover molto alle sue canzoni e il mio ringraziamento non potrà mai essere sufficiente per tutto quello che mi ha donato, ma so anche che questi infiniti passi verso il suo "rifugio" hanno creato un gruppo di persone unite da lui e dal cammino.

 

Probabilmente non avrei mai incontrato Luca, Moreno, Marco, Paolo, Sabrina, Attilio, Cesare, Carlo, Marco, Fabio, oltre a Fausto e Renzo ( mio fratello ) se la passione per queste due cose non avesse deciso che era giunto il momento di far nascere qualcosa di magico.

E questa sarà un'altra cosa di cui dovrò ringraziare Francesco...

 

Mi rimane dentro un profondo senso di soddisfazione e un sorriso che faticherò a cancellare.

 

La nebbia che copre gli alberi e ti confonde il sentiero è come un grido di speranza che non si può non ascoltare.

Sai che la strada è quella, abbassi la testa, ti rassicuri con i passi davanti e dietro i tuoi, e vai.

Sali finché non scollina, poi ti guardi intorno e scorgi appena una maglia arancione o una giacca verde.

E comprendi che la gioia spesso si nasconde nella fatica e nell'attesa di un qualcosa che, stavolta, è divenuto realtà.

 

Quel suono continuo ed ossessivo non me lo toglierò dalla testa mai più, come il maglione rosso che indossava Francesco ed il suo lento raccontare di un tempo che non c'è più.

 

Sulla pietra del camino principale del Mulino di Chicon c'è scritto "Gucini Francesco 1901", lui ci ha spiegato che è un errore dovuto ad un'abitudine molto forte di quelle parti detta "disgeminazione", in pratica le doppie vengono pronunciate con una sola lettera: Guccini diventa Gucini.

Anche lui, dice, fa spesso quell'errore e, ammettendolo, ci spiegava di non riuscire quasi più a suonare la chitarra.

 

In quel preciso momento ho smesso di sognare e mi sono reso conto che stavo chiacchierando con l'uomo che mi ha cambiato la vita, dentro il luogo dove ha passato larga parte della sua esistenza e dove ha registrato l'ultimo regalo a noi "ipocriti uditori, suoi simili, suoi amici".

 

Non mi restava altro da fare che smettere di piangere, scendere le scale e aprire QUELLA porta verde.

 

Francesco, non potrò MAI ringraziarti abbastanza.

Quindi te lo dico qui, in modo semplice.

Grazie per aver reso completa la mia vita.

 

( Roberto Parenti)